È altamente probabile che chiunque si sia soffermato a riflettere sul tema del giovane adulto abbia, almeno in un primo momento, registrato su di sé l’impressione di non capire di cosa si stia esattamente parlando. Chi ha coniato il termine? A quale fascia d’età si riferisce? I termini “giovane” e “adulto” non rappresentano un ossimoro?
Potremmo in breve dire che tale concetto racchiude l’idea di un soggetto che, pur potendo aspirare per età ad essere riconosciuto come maturo, non può accedere a quella consacrazione pubblica perché coloro che l’hanno già conseguita lo considerano giovane, ma per motivi diversi dall’età e cioè per l’insufficienza di requisiti psichici, fisici o sessuali che attestino lo stato di maturità (Novelletto 2009).
Può risultare utile intanto differenziare un termine che spesso si riscontra in letteratura e che va distinto da quello di giovane adulto, e cioè adolescenza prolungata (o moratoria che dir si voglia), introdotta da Bernfeld, seguace tedesco di Freud, nel 1923 a proposito di gruppi giovanili che dilazionavano il superamento del conflitto adolescenziale. Ma la questione dell’adolescenza interminabile come fase a sé stante fu messa in discussione.
Il termine giovane adulto è stato utilizzato inizialmente da Blos (1962) per descrivere colui che è chiamato a svincolarsi dalle relazioni con gli oggetti d’amore originari e, al contempo, a intraprendere nuove vie di realizzazione di sé nella vita relazionale e affettiva. Secondo l’Autore uno dei tipici ostacoli che si incontrano nella postadolescenza consiste nella “fantasia di salvazione”, strettamente connessa col romanzo familiare descritto da Freud (1908), secondo la quale l’adolescente spera che la soluzione dei suoi conflitti e dei compiti della vita gli verrà fornita dalle circostanze, in un’immagine benevola e benefattrice dell’ambiente-genitore. Negli anni ’80 Lebovici poneva l’accento sui processi incompiuti che generano nel giovane adulto il protrarsi nel tempo di questa fase; tali compiti consistevano nel superamento delle due classiche barriere simboliche: sessuale e sociologica. Più recentemente Ladame (2003) propone la tesi secondo la quale l’ingresso nello stato adulto dipende dall’identità raggiunta; ne consegue che qualunque fattore di disturbo nella costruzione dell’identità ostacola e quindi protrae questo ingresso.
Un’immagine che può aiutare a rappresentare il vissuto cui molti giovani adulti si trovano a dover affrontare possa essere metaforicamente quella di un “grande viaggio” ormai intrapreso e che sembra non porti verso nessuna meta stabile, impelagato nella sua nave in una preoccupante bonaccia mortifera. Un viaggio ben diverso da quello dell’adolescente dove egli può sempre incoraggiarsi con un “c’è ancora tempo”. Ormai adulto socialmente riconosciuto tale incombenza temporale diverrà pian piano sempre più severa. Tale aspetto si compenetra quindi con l’assenza nella soggettivazione, processo che si rilancerà per tutta la vita, di un preciso punto d’arrivo. La meta del grande viaggio è, per l’appunto, il Viaggio stesso (Carbone 2007).
Si può immaginare come la questione stimolante e costruttiva che il giovane adulto ci propone sia ascrivibile a un continuo aprirsi a incertezze e interrogativi, certo per lui poco rassicuranti se contestualizzati col profondo e rapido cambiamento della classe dei genitori degli ultimi decenni. Il modello familiare si è notevolmente modificato, il principio di autorità indebolito e, di conseguenza, sembra che ai problemi legati alla colpa si siano sostituiti quelli legati all’identità.
Ci sembra perlomeno più complesso rispetto a prima, nell’attuale società narcisistica del “tutto e subito”, raggiungere la fine dell’adolescenza «annunciata quando il Super-io è ben definito nelle sue caratteristiche di autonomia anonima» (Gutton 1995) e accedere all’ingresso della maturità, intesa come fine del transfert sull’oggetto parentale, quando il contesto socioculturale organizzato sull’agire e sulla fuga in avanti, impedisce di soffermarsi sulle attuali realtà, anche concretamente intese come possibilità economico-lavorative, e necessità affettive dei più giovani.